Knight, Damon - SV - Sea Venture

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DAMON KNIGHT
SV - SEA VENTURE
(CV, 1985)
1
Quando Emily Woodruff vide per la prima volta la Sea Venture in una
limpida giornata di novembre, sentì il cuore batterle forte ed esclamò: —
Com'è grande! — Suo marito Jim, fraintendendola o forse attribuendo alla
frase un significato diverso da quello che Emily aveva inteso darle, disse
con reverenza e col tono di chi parlasse di una nuova auto o autocaravan:
— È di gran lunga la migliore. — Ma nessun depliant aveva preparato E-
mily a quello spettacolo: la Sea Venture era incredibilmente, inverosimil-
mente grande e svettava sopra la testa della gente, stagliandosi contro il
cielo come un fantastico castello in aria. La parete bianca si levava in su
descrivendo una curva che poi rientrava; sopra di essa c'erano altre curve,
e oltre queste Emily vide le bandiere di segnalazione che sventolavano al
sole, e un cilindro alto e bianco, sopra il quale volteggiavano i gabbiani.
Jim, un uomo di sessantacinque anni, aveva il viso roseo e una testa di
capelli bianchi e lisci pettinati all'indietro. Lui ed Emily erano sposati da
trentacinque anni; anni buoni, nel complesso. Avevano figli adulti e diversi
nipotini. L'agosto precedente Jim aveva ceduto la sua agenzia di vendite
per una somma che aveva lasciato di stucco Emily, e aveva detto: — Fac-
ciamoci una vera vacanza. Andiamo a Honolulu per un paio di settimane e
poi partiamo per una crociera sulla Sea Venture.
Ora, guardando la nave vertiginosamente alta su cui doveva salire, E-
mily disse: — Jim, non credo che riuscirò ad arrivare fin lassù.
— Sì che ci riuscirai, perdio — disse lui con voce ferma. Poi due giova-
ni donne, una più bella dell'altra, che indossavano un'uniforme bianca, li
accompagnarono alla scala mobile, e loro salirono nel cielo come bambini
sulla ruota panoramica. Quando arrivarono in cima, altre due giovani don-
ne li condussero in un atrio coperto di moquette, dove voci echeggiavano
nell'aria profumata. Emily e Jim si unirono a una fila che terminava davan-
ti a una scrivania dove un uomo in divisa prese loro i biglietti e li indirizzò
da un altro uomo, un tipo abbronzato, con una giacca bianca, che sorrise
loro e disse: — Seguitemi, prego, signori Woodruff. — Imboccarono un
corridoio illuminato da una tenue luce azzurra ed entrarono in un ascensore
che li fece salire dolcemente per poi fermarsi con un lieve lamento. Quindi
percorsero un altro corridoio dalla luce azzurra, fino a una porta rivestita di
pannelli; l'uomo abbronzato l'aprì, li invitò ad entrare con un cenno della
testa e consegnò le chiavi a Jim. — Benvenuti sulla Sea Venture — disse.
— Il vostro bagaglio arriverà tra poco. Spero che facciate un ottimo viag-
gio.
Emily si guardò intorno. La cabina le sembrava in qualche modo più
piccola di come le era apparsa sulle foto dei dépliant. Le pareti erano rico-
perte da una carta da parati con un disegno floreale azzurro e beige; la mo-
quette era blu Savoia. Cerano letti gemelli con le trapunte, e una finestra da
cui si vedevano la sala di imbarco e l'orizzonte scuro e brumoso di Waiki-
ki. In fondo alla stanza c'era una scrivania con un terminale di computer e
uno schermo sulla parete.
Jim Woodruff camminava su e giù per la cabina nervosamente, con le
mani in tasca. — Perché non fai un sonnellino? — disse. — Io scendo a
vedere un po' come stanno le cose. Per te va bene?
— Certo Jim — disse lei.
Quando Jim se ne fu andato, Emily rimase un attimo in piedi immobile,
poi si scosse e guardò nell'armadio. Dentro c'erano un piccolo frigo e mol-
tissime grucce, anche di quelle belle e imbottite. Appese la giacca, poi i-
spezionò il bagno: lavandino, doccia, water e un affare curioso, probabil-
mente un bidet. Emily non ne aveva mai visto uno, prima d'allora. Gli a-
sciugamani erano ben ripiegati.
Tornò nella stanza e si sedette su uno dei due letti per vedere se era co-
modo. Sulla parete accanto a lei c'era un pannello con alcuni bottoni sotto i
quali era scritto STEWARD, DOMESTICA, TV, MUSICA, ARIA CON-
DIZIONATA, FINESTRA. La finestra si apriva, dunque? Emily premette
il bottone e la finestra diventò nera, come se fosse stata abbassata istanta-
neamente e silenziosamente un'impalpabile tenda. Emily provò un vago
senso di paura e premette di nuovo il bottone: di là dal vetro apparve di
nuovo il cielo azzurro. Allora capì quanto fosse stata sciocca. La "finestra"
era solo un televisore tridimensionale incassato con cura in una nicchia. Le
tornò in mente la grande parete bianca, curva, priva di interruzioni che a-
veva visto dalla scala di imbarco: non c'erano finestre sulla Sea Venture.
Guardò la moquette blu, sotto i suoi piedi. Era davvero molto bella, si
disse, quella cabina dove avrebbe passato i prossimi tre mesi della sua vita.
2
Davanti alla console, nel Centro di Controllo della Sea Venture, Stanley
Bliss, direttore delle operazioni, sorvegliava l'imbarco attraverso una serie
di schermi televisivi. Bliss, un veterano della Cunard, aveva cinquantatré
anni ed era un uomo corpulento dagli occhi azzurro pallido. Era stato in-
dotto a superare un'iniziale riluttanza e ad abbandonare la Cunard per la
Sea Venture dall'offerta di uno stipendio molto più alto e di un eccezionale
piano di pensionamento. L'accordo prevedeva anche che Bliss sarebbe di-
ventato cittadino americano; a lui non importava, né gli importava la sepa-
razione più o meno permanente da sua moglie, che stava a Liverpool. Quel
che invece gli importava molto era la complessità davvero esasperante del
lavoro che si era impegnato a fare. Sulla Sea Venture non era chiamato
"comandante" e non era un comandante: era il principale responsabile di
un'operazione in cui potevano essere coinvolti in qualsiasi momento dai
novecento ai millecinquecento dipendenti. In teoria e in pratica a lui era af-
fidata la sicurezza della nave (che era sicura come una casa) ma in-
direttamente erano affidati a lui anche i capocuochi, i fornai, i tecnici elet-
tronici, gli addetti alla manutenzione, gli steward, l'ufficio pubblicità, il
giornale e lo staff del settore svaghi; e come se non bastasse, Bliss era pure
membro di diritto del consiglio direttivo, che in pratica si occupava della
gestione della Sea Venture, o tentava di occuparsene: e nella gestione era-
no comprese le riunioni mensili che duravano una giornata intera, e le
commissioni tra una riunione e l'altra, e le assemblee degli azionisti, e le
sessioni operative, e le sessioni per la pianificazione e, dio santo, le inizia-
tive e i referendum...
I passeggeri che aveva sotto gli occhi quel giorno erano del solito tipo:
da un lato abitanti di San Francisco che salivano di nuovo a bordo dopo la
sosta a Honolulu, dall'altro persone abbronzate o bruciate dal sole, con
camicie a fiori e collane di fiori al collo che s'imbarcavano invece lì per la
prima volta. Un pubblico forse un po' più vecchio, in media, di quello della
vecchia Queen, visto che era composto in gran parte da coppie tra i cin-
quanta e i sessanta, con qualche punta ogni tanto verso gli ottanta. C'erano
donne dai capelli azzurrastri che camminavano traballando con il bastone e
che non si capiva perché andassero in crociera, considerato che uscivano
dalla cabina solo all'ora dei pasti (e ce n'erano alcune che non ne uscivano
proprio mai), c'era un gruppo abbastanza nutrito di uomini e donne fra i
quaranta e i cinquanta, che occupavano quasi tutte le sedie dei bar, poi c'e-
rano i "giovani" fra i venti e i trenta e fra i trenta e i quaranta, che stavano
sempre assieme e si facevano vedere soprattutto sulla pista da ballo, nei
campi da tennis e così via. E infine c'era uno sparuto gruppo di adolescenti
che seguivano depressi i loro genitori. Non si capiva proprio come tutta
quella gente fosse stata inizialmente attratta dalla crociera, ma una volta a
bordo bisognava tenerla occupata, distrarla, darle se non altro l'illusione
che si stesse divertendo moltissimo.
Su un'altra serie di schermi Bliss vedeva i clienti fissi che salivano a
bordo a poppa, quasi trecento metri più in là. La loro scaletta arrivava al-
l'imbarco del ponte sportivo: era una minaccia all'integrità della carena che
l'entrata passeggeri fosse così bassa, ma quello non era l'unico com-
promesso che i progettisti avessero fatto.
Bliss si rivolse all'ospite che aveva accanto. — Bene, che ne pensate fino
a questo momento della Sea Venture?
Il capitano Hartman sorrise enigmatico senza togliersi la pipa di bocca.
Anche lui era un ex dipendente della Cunard, ora in pensione, e viaggiava
con un biglietto omaggio. — Impressionante — disse.
— Per le dimensioni, intendete? È la più grande nave passeggeri che sia
mai stata costruita, a maggior ragione quindi il maggior sommergibile che
sia mai stato costruito. E secondo me tale resterà anche in futuro.
— Non credete che proseguiranno con il programma? Questo dovrebbe
essere un prototipo, no? La P in PHMA non sta per prototipo?
Bliss storse leggermente la bocca. — Prototipo di Habitat in Mare Aper-
to, sì, qualcuno all'inizio deve avere pensato che era simpatica questa defi-
nizione, ma ora non più. La chiamiamo Sea Venture, o, abbreviando SV.
Non è che una dannata zattera.
— L'imbarco è terminato, capo — disse il secondo, un bel giovane del
Midwest di nome Ferguson.
— Bene. Trasmettete il segnale ai rimorchiatori.
— Quanti rimorchiatori? — chiese Hartman.
— Sei. Ci condurranno al largo per circa venti chilometri, finché incon-
treremo la corrente diretta a sud; dopo procederemo da soli. I rimorchiatori
due anni fa le hanno fatto attraversare tutto il Pacifico partendo dai cantieri
di Kure. La carena, intendo: le apparecchiature e i congegni interni sono
stati costruiti tutti in America.
— Siete molto fiero della nave, vero? Lo sarei anch'io al vostro posto.
— Oh be' sì, certo — disse Bliss. Stava osservando sulla console davanti
a sé lo schermo che mostrava la reception. Hartman seguì la direzione del
suo sguardo e vide un passeggero, un giovane dall'aria sveglia e dai capelli
corti e neri, che avvicinandosi alla scrivania si girò a guardare direttamente
la telecamera.
Il suo vero nome era Sverdrupp. Era nato a Stoccolma, era stato educato
in Francia, Germania e Inghilterra e addestrato in Israele e nell'America
Centrale. Al momento aveva un passaporto americano. Da dieci anni era al
servizio di una certa organizzazione internazionale che gli dava ogni tanto
dei lavori da fare e lo pagava molto bene. Due mesi prima era stato convo-
cato a Roma a una riunione nel corso della quale, a quanto sembrava, lo
avevano "dato in prestito" a un'altra organizzazione che non era stata no-
minata né allora né in seguito e che richiedeva i suoi servizi solamente per
quella particolare occasione.
John Stevens, come si faceva chiamare adesso, era un finto magro e in-
dossava abiti nuovi e costosi. Aveva un viso aperto e giovanile, che gli era
utile nella sua professione. Si guardò intorno con pacato interesse mentre
la scala mobile lo portava sulla Sea Venture, ma non vide l'uomo che cer-
cava. Vide però molte altre celebrità: la video star Eddie Greaves, un ex
senatore degli Stati Uniti, un magnate della birra, la vedova di un grosso
armatore greco. C'erano anche parecchie belle ragazze.
Stevens sapeva che l'uomo che cercava aveva prenotato un appartamento
sul ponte delle comunicazioni, in cima alla Sea Venture, quanto a lui, ave-
va fissato una cabina singola sul ponte sotto quello, in una sezione che gli
garantiva al ristorante privilegi riservati di solito a passeggeri più illustri.
Entrò dignitosamente nella sala della reception, mostrò il biglietto e seguì
uno steward filippino che lo accompagnò alla cabina. Ispezionò ogni ango-
lo della stanza quasi automaticamente, annusò l'aria, poggiò una mano sul
vetro appannato della caraffa piena d'acqua ghiacciata, poi si sedette da-
vanti alla console del computer, in fondo alla camera.
Sul vassoio della stampante, accanto alla console, c'era il SV Journal, un
piccolo foglio informativo. BENVENUTI NEL MONDO MERAVI-
GLIOSO DELLA SEA VENTURE! cominciava, e proseguiva: "Se deside-
rate conoscere alcuni particolari interessanti sulla Sea Venture, premete il
bottone SV sul terminale del vostro personal computer". Stevens premette
il bottone e fu soddisfatto di scoprire che c'era un programma con la pianta
dei ponti.
Nello schermo sulla parete apparve un disegno schematico in tre dimen-
sioni della nave. Obbedendo al comando di Stevens, il disegno ruotò pia-
no, e Stevens capì che l'impressione che aveva avuto guardando la nave
dall'isola era errata. La Sea Venture era ancora più grande di quanto gli
fosse apparsa: vista dall'alto, era una forma ovale la cui ampiezza era oltre
摘要:

DAMONKNIGHTSV-SEAVENTURE(CV,1985)1QuandoEmilyWoodruffvideperlaprimavoltalaSeaVentureinunalimpidagiornatadinovembre,sentìilcuorebatterleforteedesclamò:—Com'ègrande!—SuomaritoJim,fraintendendolaoforseattribuendoallafraseunsignificatodiversodaquellocheEmilyavevaintesodarle,disseconreverenzaecoltonodich...

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