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Poiché da qualche tempo, eravamo
sprovvisti di radio, la notizia ci giunse per
mezzo di un’astronave postale, soltanto
qualche settimana dopo l’avvenimento. Ci
aspettavamo di sapere, da un momento
all’altro, che la Terra era stata sconfitta,
cosa prevedibile dopo che i marziani
avevano conquistato la Luna. Ciò
nonostante, la notizia ufficiale fu un vero e
proprio colpo. Vidi parecchi uomini
piangere. Io non piansi, ma fu ancora
peggio, forse. Continuai a fare il mio lavoro
come un automa, con la sensazione ‘essere
svuotato, d’essere soltanto un corpo
senz’anima. Nelle ore di riposo, il sapere
che eravamo stati schiacciati era ancora
più terribile. Restavo disteso sulla mia
cuccetta, nel buio e nella solitudine, in uno
stato di apatia che mi toglieva ogni gusto di
vivere. Per fortuna avevamo molto da fare,
e il lavoro m’impediva di riflettere.
In realtà, comandavo io l’asteroide. Il
nostro Comandante era smarrito in una
specie di ebetismo, per cui non lo vedevamo
che di rado. Dovevo occuparmi io di tutte le
necessità burocratiche, che erano
numerose. Dovevo, inoltre dare il benestare
al lavoro degli ingegneri, e assicurarmi che
non sabotassero le installazioni. Un giorno
sorpresi un uomo, che deliberatamente,
stava saccheggiando gli apparecchi di
controllo e di sicurezza, della nostra
maggiore pila d’energia, così che, presto o
tardi la pila avrebbe finito di saltare.
Quando interrogai il sabotatore, lui mi
rispose rudemente: “Vorreste lasciarla
intatta ai marziani? Regalare tutto questo,
con un abbraccio, magari? “Chiamatemi
signore” gli dissi seccatamene. “Così ci si
rivolge correttamente ad un ufficiale
superiore. Il Quartiere Generale, in base
alle condizioni di armistizio, ci ha dato
ordini perché questa base venga
consegnata in buono stato di
funzionamento, e io farò rispettare questi
ordini. I marziani ci tengono per la gola –
aggiunsi con tono un po’ meno severo – se
non facciamo ciò che chiedono la Terra ne
andrà di mezzo. Avete una famiglia laggiù,
non è vero? “Si” mi rispose “se non li
hanno ammazzati tutti in un
bombardamento.” “Noi ci siamo battuti
valorosamente, e abbiamo fatto gravi danni
a nostra volta. Forse un giorno potremo
avere la nostra rivincita, ma in attesa di
quel giorno dobbiamo leccare i piedi ai
marziani, se è necessario, perché la razza
umana possa continuare a vivere.”
“Mi limitai ad infliggere al sabotatore una
leggera pena: tuttavia feci compilare un
ordine del giorno, nel quale prevenivo tutti
quanti che se si fosse verificata un’altra
infrazione del genere, i colpevoli sarebbero
stati giudicati per direttissima dalla Corte
Marziale. In fondo i miei uomini sapevano
ch’io avevo ragione, ma anch’essi erano
come svuotati. Si sentivano vinti, e le
prospettive del futuro erano nere.
M’ingegnai a trovare per loro del lavoro,
degli svaghi, qualsiasi cosa potesse ridare
loro un poco di gusto per la vita. Ma i
risultati non furono brillanti.
Trascorsero quattro mesi, durante i quali il
Quartiere Generale non diede segno di vita.
La cosa cominciava a preoccuparmi,
poiché eravamo da parecchio tempo
razionati, e le nostre riserve di viveri erano
ormai prossime all’esaurimento. Mi
chiedevo se non fosse il caso di trasgredire
gli ordini ricevuti e usare un razzo per
andare a cercare aiuto. Il planetoide Hilton
non era molto lontano da noi, bene inteso
calcolando la distanza in linguaggio
astronautico, e laggiù c’erano installazioni
per la produzione artificiale di viveri.
Il nostro asteroide si spostava rapidamente
attraverso la grande notte glaciale, in un
cielo disseminato da milioni di stelle, che
sembravano gocce ghiacciate. La fascia
della Via Lattea riluceva dolcemente. Il
nostro sole era lontano, molto lontano: un
minuscolo disco senza calore che
dispensava soltanto una pallida luce sulle
aggressive rocce frastagliate. Fuori della
base vera e propria regnava un silenzio
perpetuo, e noi respiravamo male nei
caschi delle nostre tute spaziali.
Finalmente, all’improvviso ci giunsero dei
soccorsi: quattro grandi astronavi
marziane, usate per il trasporto delle
truppe, apparvero all’improvviso,
sputando violenti getti di fiamme dai