E - Book Urania Capolavoro La Casa Dalle Finestre Nere F S

VIP免费
2024-12-05 0 0 6.71MB 159 页 5.9玖币
侵权投诉
1
Introduzione
Da quando nel 1945 un’enorme esplosione a forma di fungo modificò radicalmente i concetti di
guerra e di politica internazionale l’idea di un progresso scientifico benefico ed illimitato è entrata in
crisi, concludendo bruscamente una ottimistica parabola di speranza che era nata ottocento e che era
culminata agli inizi di questo secolo.
Oggi assistiamo ad una intricata tendenza nell’uomo comune ad amare i prodotti della tecnologia e ad
odiare le tecnologia. Questo deriva anche da una certa confusione di termini. In effetti spesso la
tecnologia viene confusa con la scienza, mentre è soltanto l’applicazione pratica di conoscenze
scientifiche preesistenti o di altre conquiste tecnologiche. Se lo scienziato può essere anche un
tecnologo ( e l’esempio può essere proprio l’equipe che dalle proprie e altrui scoperte, scientifiche è
arrivata con le pressioni e le agevolazioni di un particolare momento storico, a costruire materialmente
la bomba atomica) il tecnologo non è mai uno scienziato anche se a volte le agevolano, come
l’invenzione della matita può agevolare l’uomo a fissare le idee senza contribuire concettualmente alle
sue scoperte, così come i computer possono risparmiare secoli di calcoli senza per questo intervenire
nella creatività della ricerca.
I nostri guai “scientifici” sono più da attribuirsi alla tecnologia che alla scienza, e più alla politica e
alla industria che alla tecnologia. L’inquinamento, per citarne uno non indifferente, è causato
primariamente da scelte politiche ed economiche, o più semplicemente dalla logica, del profitto. Non
c’è inquinamento per necessità tecnologiche. C’è inquinamento per questioni di costi, e può essere
eliminato o comunque ridotto ai minimi termini purché si voglia sop-
2
6
portarne l’onere economico. È assurdo prendersela con la tecnologia. Bisogna se mai prendersela con
tecnologi, il che non è esattamente la stessa cosa, con le industrie, con i governi, con i partiti. La
scienza poi, è innocente. Lo scienziato può vedere con l’immaginazione alcuni effetti deleteri di una
sua scoperta ma sa che, anche se nono la divulgasse, altri prima o poi la farebbero perché la verità
scientifica è insopprimibile e in un certo senso è alla portata di tutti. Mentre per costruire un’arma
occorre la volontà di costruire proprio quell’arma. O quello stabilimento. O quella centrale a fissione
nucleare.
La situazione di oggi è quanto mai confusa ed instabile. La sua contraddittorietà sarebbe stata
impensabile per chi neanche un secolo fa immaginava a buon diritto che fosse una situazione di
miglioramento e progresso. Sta succedendo tutto e il contrario di tutto.
Nelle zone industriali avanzate la durata della vita media in cento anni si è più che raddoppiata. Però
chiunque di noi ha buone probabilità di morire di una forma tumorale indotta dall’inquinamento. Non si
muore più di peste o di tubercolosi. Ma la densità di popolazione nelle città continua ad aumentare,
creando situazioni igieniche insostenibili; e così riappare il colera e appaiono vecchie e nuove forme
epidemiche. Ci spostiamo con facilità e dobbiamo tenere in serio conto la possibilità di morire per
incidente. Mangiamo tutti i giorni e col nutrimento assimiliamo tutta una serie di elementi nocivi e
spesso mortali, aggiunti al cibo per questioni economiche, commerciali, estetiche e anche pura
stupidaggini. Non ci sono più guerre ( parlo sempre delle zone industriali) e da trent’anni viviamo con
la “prospettiva pantoclassica”: tot megatoni a testa in caso di guerra atomica fine della vita sul pianeta.
Insomma, stiamo meglio o peggio? Bé meglio, indubbiamente. Fino a un secolo fa chi riusciva a
passare l’infanzia era un fortunato. Chi viveva almeno trent’anni fortunatissimo. Chi li passava
apparteneva a una schiera di eletti. Le prospettive di vita più comuni erano soffrire di malformazioni
endemiche, vivere di lavoro massacrante, essere iponutriti, morire presto e in malo modo.
Quindi il sistema industriale malgrado tutto è stato un benefattore dell’umanità, che lo volesse o
meno. Ed è l’uni-
3
7
ca strada che ormai possiamo percorrere. Sta a noi che non diventi come minaccia di diventare, una
strada che proti al cimitero di tutta l’umanità.
Questa è una cosa che andava detta, perché sulla scia dei movimenti ecologisti (sacrosanti) si sta
creando tutta una pubblicistica popolare che invita a tornare alla natura, anzi alla Natura
rappresentandola come qualcosa di verde e arcaico, amica dell’uomo, sorridente e pronta a donare i
suoi frutti, con generosità. Non è vero. La natura è anche i ciclone, la siccità, le cavallette. Per vivere
naturalmente bisogna rompersi la schiena, è non è più neanche possibile farlo ormai. Siamo quattro
miliardi e mezzo, gente. Tra vent’anni saremo quasi il doppio. Qui se non si sfruttano a fondo le risorse
crepiamo tutti di fame. Altro che ritirarsi in campagna.
Quindi l’atteggiamento corretto è auspicare e combattere per raggiungere un mondo in cui le cose si
equilibrino. Vivere a contatto della natura rispettandola ma con le facilitazioni della tecnica. Con
l’industria che dia la precedenza alle cose fondamentali e non rapini il profitto a scapito anche del
proprio futuro. Senza il consumismo. Sena sovrapopolazione. Senza lo sfruttamento. Senza la guerra…
Nel 1944 Clifford Simak ebbe questa intuizione, nel suo racconto City dove la cosa avveniva
automaticamente, grazie alla tecnologia. Con la massima facilità di trasporto, il crollo, di valore dei
terreni non più legati alla loro posizione, l’automatismo nelle fabbriche, non c’era più ragione che la
gente vivesse e a lavorasse ammassata l’una sull’altra. In una parola non c’era motivo per cui
esistessero ancora le città. E così gradatamente le città sparirono lentamente, sempre più deserte e
lentamente ingoiate dalle proprie rovine.
Un’ipotesi suggestiva. Ma fattibile? Pensiamoci un momento. Oggi c’è il telefono televisivo. Si
possono trasmettere fotocopie, per telefono. Si possono comandare macchine a distanza. È veramente
necessario stare tutti assieme nello stesso edificio o in quanto a questo, nella stessa città per fare un
lavoro? Chiunque potrebbe lavorare restando a casa. Niente più ore di punta. Miliardi di ore lavorative
risparmiate sugli spostamenti e restituite alla vita.
Giustamente Simak faceva notare che il problema non è sociale, ma politico. Le forze conservatrici o
addirittura reazionarie che si opporrebbero in ogni modo a questa grossa rivoluzione sarebbero tutte
quelle che si fondano sull’organizzazione delle masse. E cioè le chiese, i trust, i governi i partiti, i
sindacati…Anche gli organismi progressisti si opporrebbero contro qualcosa che metterebbe in forse la
loro esistenza…Perché non esisterebbero più masse, ma individui. Qualunquisti se vogliamo. O al
contrario, se vogliamo anarchici. Comunque non manovrabili.
È piuttosto significativo che quando City uscì, venne considerata un’utopia “negativa”. L’idea di una
disseminazione di individui proprietari ciascuno di una casa e di un pezzo di terra e responsabili solo
davanti a se stessi è tanto rivoluzionaria da spaventare anche i rivoluzionari. Un miglioramento diverso
dalla direttive di sviluppo è “negativo”.
Comunque City, apparso sulla rivista Astounding ebbe tanto successo che Simak continuò sul tema.
In genere una serie di racconti nati per sfruttare il successo del primo è un prodotto bassamente
commerciale. Non con Simak. I suoi racconti formarono un tutto organico che nel 1952 poterono
diventare un libro dallo stesso titolo. City (edito in Italia con il titolo “Anni senza fine” raccontava
attraverso la saga della famiglia Webster la scomparsa dell’umanità dalla Terra, prima sostituita dai
cani e poi dalle formiche…Gli uomini vivono su Giove, dove hanno trovato la felicità e la piena
realizzazione di sé pagandolo con la perdita, anche fisica, dell’umanità. Erede della loro cultura è il
robot Jenkins, personaggio contuttore della saga e maggiordomo della famiglia Webster, essere (se mi è
permesso il bisticcio) umanissimo che diventerà guida spirituale della civiltà canina per poi sparire con
essa in un’altra dimensione.
In City c’è tutto Simak. C’è una storia intesa più come un prlbema esistenziale che una serie di
eventi: c’è la solitudine sociale dei protagonisti che non si traduce necessariamente in un solitudine
spirituale ed emotiva: c’è il suo rifiuto come dicevo non tanto della tecnologia quanto per l’uso che ne
viene fatto per opprimere quella che oggi viene chiamata “la qualità di vita”; c’è la valutazione positiva
dell’individuo che difende la propria individualità da una società livellatrice e ne nello stesso tempo
possiede una semplice ma autentica solida moralità. C’è la comprensione addirittura la simpatia per la
diversità: c’è l’amore per gli esseri viventi, qualunque essere.
4
9
. E soprattutto non c’è odio. Nelle storie di Simak anche i cattivi sono buoni. Quando usciva City
Clifford Donal Simak scriveva fantascienza da più di vent’anni ed era sulla cinquantina. Oggi a
settantacinque anni scrive ancora senza essere per questo necessariamente considerato il solito decano
del genere. In
effetti, come i suoi personaggi, è un autore tanto individuale e personale da non appartenere a nessuna
scuola e da non avere mai avuto discepoli. Il suo stile è inconfondibile e lo si riconosce anche nelle
peggiori traduzioni.
Per quanto possono contare i riconoscimenti, ne ha avuti anche lui. Per esempio nel 1959 il suo
romanzo breve The big front yard si prese il premio Hugo (l’Oscar della letterature di fantascienza, da
Hugo Gernsbak, il padre dell’editoria fantascientifica americana). Il titolo non è traducibile, perché non
esiste in italiano una parola che indichi quegli spiazzi erbosi davanti a casa che vediamo in tutti i film
americani, e così è apparso come il grande cortile, inesatto, o come L’aia grande, più esatto nella
collocazione, ma di sapore agricolo e toscaneggiante. Questo grande front yard è una serie di altri
mondi con cui il protagonista scopre è un serie di altri mondi con cui il protagonista scopre che si può
entrare in contatto solo passando per casa sua. Anche in questo caso il personaggio è tipico: solitario in
una casa di campagna del Wiscosin (lo stato dove Simak ha passato la sua giovinezza e che ricorre in
buona parte dei suoi romanzi) lavoratore, ma non troppo, pigro, ma non troppo. L’attività che gli prende
maggior tempo sono lunghe passeggiate. I suoi migliori amici il cane e l’idiota del paese, che parla con
gli animali. Parco e senza attività, quando è ora sa salvaguardare i suoi interessi. Senza pregiudizi
accetta immediatamente la realtà nuova che gli si presenta e commercia con gli extraterrestri.
Contemporaneamente non accetta l’ingerenza della società nei suoi affari privati, sia il rappresentante
della locale Camera di Commercio o sia l’ONU. E la spunta lui.
Piuttosto divertente, questo romanzo breve non rinuncia ai temi abituali di Simak: la campagna, le
passeggiate condite da una visione filosofica alla Thoreau, il rapparoto paritario con gli animali,
l’accettazione immediata della diversità degli alieni, capacità paranormali dei poveri di spirito, l’amore
per le cose di tutti i giorni e per le attività artigianali. Sono temi che ritroveremo anche in questo libro
che, tra parentesi, ha vinto anch’esso nel 1964 un premio Hugo.
La casa dalle finestre nere uscì a puntate su Galaxy nel 1936 con il titolo Here gather the stars (Qui si
raccolgono le stelle) e, dopo la premiazione, come libro dal titolo Way station (Stazione di transito).
Enoch Fallace, il protagonista è un uomo dell’Ottocento, reso quasi immortale in cambio dei suoi
servizi di custode della stazione di transito per teletrasporto installata in casa
5
Sua Enoch è quindi un diverso dall’uomo del nostro tempo, non tanto per il periodo in cui si è
formato, quanto per la necessità del massimo isolamento che la sua vita deve avere del resto
dell’umanità. Si trova così ad avere in comune poco con i pochi che frequenta abitualmente e di rado,
gli uomini intorno a lui, e praticamente nulla con la moltitudine di passaggio da un secolo in casa sua.
Un solitudine totale, quindi, mitigata solo da alcune amicizie. Quella profondamente umana con
l’extraterrestre che l’ha convinto a permettere la stazione. Quella delicata con il postino e quella
profondamente interiore con una povera minorata che ha instaurato un suo rapporto personale con la
natura e guarisce verruche e farfalle.
Contatti radi, anche se profondi, con tre persone. Ma gli alieni l’hanno rifornito di passatempi che
quando usati lo coinvolgono profondamente, come il tiro a segno, dove caccia animali strani in posti
stranissimi che lo divorano quando manca il bersaglio. Alcuni lo coinvolgono totalmente e senza
rimedio. Ci sono fantasmi elettronici, apparentemente umani dei suoi tempi, che gli tengono compagnia
quando li chiama. Enoch si accorge che questi fantasmi col tempo hanno preso coscienza di sé e
umanamente soffrono della propria disumanità, ed egli pure ne soffre.
Perché Enoch è sensibile agli altri. Intelligente, timido e generoso, ha accettato il suo compito non per
il miraggio dell’immortalità ma per altruismo, per sentirsi utile. Introverso, non soffre la generica
mancanza di compagnia. Sensibile, soffre la mancanza di amicizia. Ha bisogno di comunicare e in
pratica lo può soltanto ogni tanto con alcuni degli alieni che transitano di lì. In lui si sommano la
curiosità dell’intellettuale e la pazienza e la sapienza di lasciarsi scorrere col tempo del contadino. Passa
la vita (ed è una vita lunga, quasi infinita) a contatto con meraviglie incomprensibili in una routine di
impiegato delle ferrovie, senza mai per questo divenire un indaffarato burocrate.
Il libro è tutto centrato su di lui. Simak non ha ceduto alla tentazione di mostrarci una galleria di
alieni folcloristici, ma ci descrive i pochi che ci mostra con la consueta abilità con cui ci ha sempre fatto
considerare normali e simpatici esseri con un aspetto che, se li vedessimo nella realtà, ci farebbe fuggire
a gambe levate. Esseri con una loro logica, ma specialmente con loro sentimenti, perché Simak è un
emotivo.
E a questo proposito, qui abbiamo una rottura nella tradizione simakiana. Abbiamo un extraterrestre
cattivo.
Simak doveva essere così disorientata dalla novità che per dargli un aspetto sicuramente repellente a
dovuto andare a pescare nella fauna terrestre e gli ha dato le connotazioni del topo da fogna. Gli fa fare
le consuete azioni che fanno i cattivi e poi, spaventato, Simak si chiede subito dopo se dopo tutto lo
fosse. Attraverso il suo protagonista esterna una profonda pietà per l’alieno e si chiede quali grandi
sogni gli hanno fatto fare quello che ha fatto. Forse era “un compagno che sbagliava”….
Ferruccio Alessandro
6
15
MB!DBTB!EBMMF!GJOFTUSF!OFSF!
Il frastuono era cessato. Il fumo si levava in sottili volute grigie sopra la terra torturata, le staccionate,
divelte e i peschi smozzicati dalle cannonate. Il silenzio, se non la pace, scese per un istante dove gli
uomini si erano scagliati gridando gli uni contro gli altri, spinti da un odio atavico, e avevano lottato
fino all’ultimo sangue, prima di cedere, esausti.
Per un tempo che era sembrato interminabile i cannoni avevano continuamente tuonato e la terra
dilaniata si era elevata in zampilli altissimi. Si erano uditi i nitriti dei cavali e le grida rauche degli
uomini e il fuoco era divampato fra il bagliore dell’acciaio. Poi tutto era finito, era rimasto il silenzio.
Ma il silenzio era fuori posto, in quel luogo e in quel giorno…Così fu subito rotto dai gemiti di dolore
e dalle invocazioni di chi chiedeva da bere o supplicava di morire, dai pianti, dai richiami e dai lamenti
che si sarebbero protratti per ore sotto il sole estivo. Più tardi, quelle sagome contorte si sarebbero
irrigidite e, tra un fetore nauseabondo, le buche del terreno sarebbero diventate tombe.
Là c’era grano che nessuno mai avrebbe mietuto, alberi che nessuna primavera avrebbe mai fatto
rifiorire e sul pendio che saliva alla sommità del colle, sarebbero rimaste, solo le parole non dette, le
azioni non compiute, i fagotti cenciosi che gemevano e la desolazione della morte. C’erano nomi
illustri, divenuti ancora più illustri. Ma ormai erano solo nomi che avrebbero riecheggiato nei secoli.
Brigata di Ferro 5° New Hampshire, 1° Minesota, 2° Massachusetts, 16° Maine.
7
16
E c’era anche Enoch Wallach.
Stringeva ancora il moschetto fra le mani piagate. Il viso era una maschera di polvere e le scarpe
erano sporche di terra e di sangue…
Ma era ancora vivo.
2
Il dottor Ervin Hardwiche giocherellava distrattamente con una matita fissando con sguardo scrutatore
l’uomo che gli sedeva di fronte dall’altra parte della scrivania.
“Non riesco proprio a capire” disse “ perché è venuto da me”.
“Bé lei è un tipo in gamba pensavo…”
“E lei appartiene a Servizio Segreto!”
“Bene dottore, se le sembra meglio, diciamo che la mia visita non è ufficiale. Facciamo conto che io sia
un cittadino qualunque, preoccupato per un certo motivo e venuto da lei in cerca d’aiuto.”
“Non è che non voglia aiutarla, ma non vedo come potrei farlo: la cosa mi pare così strana e campata in
aria…”
“Accidenti!” Esclamò Claude Lewis, “non può negare le prove…le poche di cui posso disporre,
almeno”
“Va bene” disse Hardiwche “ricominciamo da capo. Mi dica tutto. Dunque quest’uomo…”
“Si chiama Enoch Wallaxe” riprese Lewis. “Stando ai dati dell’anagrafe, ha centotrentaquattroanni. È
nato in una cascina a qualche miglio da Millville, nel Wisconsin, il 22 aprile 1840, ed è l’unico figlio di
Jedediah e Amanda Wallaxe. Quando Lincoln ha cominciato a reclutare volontari, è stato uno dei primi
a offrirsi. Faceva parte della Brigata di Ferro, distrutta a Gettysburg nel 1863. ma Wallaxe riuscì a
cavarsela e venne trasferito ad altre unità combattenti. Andò in Virginia, con Grant. Alla fine della
Campagna si trovava ad Appomattox”.
“Si è documentato a fondo sul suo conto.”
“Si ho esaminato tutti i documenti che lo riguardano. Ho trovato il foglio di arruolamento
nell’archivio di Madison. Gli altri compreso il congedo, sono qui a Washington”.
8
17
“E dice che dimostra trent’anni.”
“Non uno di più. Forse meno direi.”
“Ma non ha parlato con lui.”
Lewis fece un cenno di diniego.
“Può darsi che non si tratti della stessa persona. Se si riuscisse a controllare le sue impronte
digitali…”
Ai tempi della Guerra Civile non si usava prenderle.”
“Ma l’ultimo veterano della Guerra Civile è morto molti anni fa” disse Hardwiche, “Mi pare che fosse
un tamburino Confederato. Quindi, deve esserci uno sbaglio.”
Lewis scosse la testa. “Lo pensavo anch’io, quando mi venne assegnato il suo caso.”
“E come mai le fu assegnato? Cosa c’entra il Servizio Segreto in tutto questo?”
“Confesso che si tratta di una cosa insolita. Ma…certe stranezze…”
“Allude all’immortalità?”
“Vedo che la cosa ha colpito anche lei. Ma non si tratta solo di questo. Il fatto che ci ha indotto a
occuparci di lui è molto strano.”
“Ma non vedo come il Servizio Segreto…”.
“Vuol dire che avrebbe dovuto occuparsene un’organizzazione scientifica?” chiese Lewis. “Si,
ammetto che sarebbe stato più logico. Tuttavia la faccenda ha avuto inizio perché un mio collega, che si
trovava in vacanza presso alcuni parenti nel Wisconsin, a circa trenta miglia dal luogo di nascita di
Fallace, incuriosito da alcune dicerie, cominciò ad indagare. Non scoprì molto, ma abbastanza da
convincersi che valeva la pena di andare più a fondo.”
“La cosa che più mi lascia perplesso” disse Hardwiche “è che un tizio possa giungere all’età di
centotrentaquattro anni, vivendo sempre nel medesimo luogo senza diventare una specie di celebrità.
Non pensa che manna sarebbe per i giornali una notizia del genere?”
“Mi vengono i brividi solo a pensarci!” disse Lewis.
“Ma non mi ha spiegato come questo non sia accaduto…”
“E’ un po’ difficile a dirsi. Prima di tutto, bisognerebbe conoscere quei posti e la gente che ci vive.
L’estrema punta sud-occidentale del Wisconsin è limitata da due fiumi: il Mississippi a Ovest e il
Wisconsin a nord. La terra che si
9
18
distende oltre questi fiumi è molto ricca e fertile, con fattorie e città, ma quella compresa fra i due
corsi d’acqua è sterile e accidentata. Ci sono colline e dirupi, valloni profondi e picchi scoscesi, e in
alcune regioni si trovano baie o sacche isolate. Le strade sono poche e in cattivo stato e gli abitanti che
vivono nelle piccole cascine somigliano più ai pionieri di cent’anni fa che a noi. Posseggono l’auto, la
radio e magari anche la televisione e il computer, ma sono di carattere chiuso e conservatore. Un tempo
in quelle sacche isolate c’erano parecchie abitazioni, ma ora nessuno vuole più vivere in simili località
e, a poco a poco tutti se ne vanno. Appena capita l’occasione vendono la casa e si trasferiscono altrove,
specialmente nelle città dove trovano da vivere meglio.”
“E quelli che restano sono i più chiusi e conservatori di tutti immagino” disse Hardwiche.
“Esatto. La maggior parte della terra appartiene a gente che vive lontano e non la sfrutta. Tutt’al più
ci lascia pascolare un po’ di bestiame, perché in tal modo si pagano meno tasse.”
“Lei pensa dunque, che quella gente così arretrata abbia stretto una specie di congiura del silenzio?”
“Non credo che lo faccia di proposito” disse Lewis. “Ma si comporta secondo lo spirito dei vecchi e
intrepidi pionieri. Ciascuno bada ai fatti suoi, e non vuole che gli altri mettano il naso nelle sue
faccende. Se uno campa mille anni, è certamente strano, si…ma dopotutto è affare suo. E se vuol
starsene da solo ed essere lasciato in pace anche questo è affare suo. Magari ne parlano tra loro, ma non
vanno a spettegolare in giro: e se la prendono a male se un estraneo fa delle domande.
“Molto probabilmente, con il passare del tempo, si sono abituati al fatto che Wallace continua a
restare giovane, mentre loro invecchiano. Non se ne stupiscono più, e forse hanno anche cessato di
interessarsene. Le nuove generazioni lo accettano, perché i genitori e i nonni non ci trovano niente di
strano; comunque Wallace non si fa vedere spesso, perché conduce una vita molto solitaria.
“Nelle zone vicine, si considera la cosa come una specie di leggenda come un avvenimento
incredibile a cui non si
10
摘要:

1IntroduzioneDaquandonel1945un’enormeesplosioneaformadifungomodificòradicalmenteiconcettidiguerraedipoliticainternazionalel’ideadiunprogressoscientificobeneficoedillimitatoèentrataincrisi,concludendobruscamenteunaottimisticaparaboladisperanzacheeranataottocentoecheeraculminataagliinizidiquestosecolo...

展开>> 收起<<
E - Book Urania Capolavoro La Casa Dalle Finestre Nere F S.pdf

共159页,预览10页

还剩页未读, 继续阅读

声明:本站为文档C2C交易模式,即用户上传的文档直接被用户下载,本站只是中间服务平台,本站所有文档下载所得的收益归上传人(含作者)所有。玖贝云文库仅提供信息存储空间,仅对用户上传内容的表现方式做保护处理,对上载内容本身不做任何修改或编辑。若文档所含内容侵犯了您的版权或隐私,请立即通知玖贝云文库,我们立即给予删除!
分类:外语学习 价格:5.9玖币 属性:159 页 大小:6.71MB 格式:PDF 时间:2024-12-05

开通VIP享超值会员特权

  • 多端同步记录
  • 高速下载文档
  • 免费文档工具
  • 分享文档赚钱
  • 每日登录抽奖
  • 优质衍生服务
/ 159
客服
关注