John Steakley - Vampires

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JOHN STEAKLEY
VAMPIRES
(Vampire$, 1990)
La vera Signora
è più che una donna
e ben oltre l'uomo mortale.
Alla più dolce di queste donne
questo libro è dedicato con gratitudine.
Lei è Marjorie Larrance,
Marge per gli amici,
Signora Larrance per voi,
Mamma per me.
Grazie, Dio.
NOTA DELL'AUTORE
Felix non è altri se non Felix.
Jack Crow non è altri se non Jack Crow.
So maledettamente bene che un Dio esiste perché, per guadagnarmi da
vivere, uccido vampiri. Mi state ascoltando? Uccido vampiri per soldi. Un
sacco di soldi. Quindi non venite a dirmi che non c'è un Dio. Io lo so ma-
ledettamente bene che c'è.
È solo che non lo capisco.
Jack Crow
PARTE PRIMA
LA SQUADRA DI CROW
CAPITOLO PRIMO
Quando Crow e la sua squadra arrivarono in gran numero per quell'ulti-
mo lavoro, gli altri erano già tutti lì. Tutti i poliziotti e gli agenti del luogo.
Il sindaco. Il comitato scolastico. Sì, era proprio quel genere di piccola cit-
tadina dell'Indiana.
Era anche proprio quel tipo di giornata estiva e calda. All'ondata mon-
tante di polverone sollevata dal semiarticolato sul vialetto di ghiaia bianca,
la folla indietreggiò rapidamente, tossendo e tenendosi i fazzoletti davanti
alla faccia. Rimasero sull'erba marrone a osservare l'assordante processio-
ne di automezzi che girava loro intorno e si radunava di fronte alla grande
casa.
I motori di tutti e cinque i veicoli si fermarono nel medesimo istante.
Jack Crow scese dalla jeep di testa e rimase là immobile, lui e tutti i suoi
centonovanta centimetri di muscoli, risolutezza e cattiveria. Esitò un istan-
te, dando un'occhiata al bersaglio. Quando si voltò, gli agenti del posto a-
vevano formato un semicerchio intorno a lui, quasi fossero in cerca di ca-
lore.
Infatti, era proprio una questione di calore.
Crow rivolse loro un sorrisetto. Strinse la mano al sindaco, un uomo ro-
tondetto e dalla faccia nervosa. Guardò l'orologio. Era mezzogiorno e la
temperatura era molto vicina ai quaranta gradi.
Era ora di cominciare a uccidere.
Dieci minuti più tardi, minarono l'ala sud. La carica esplose su una bal-
conata al secondo piano e schiacciò l'intera sezione a terra come un pugno
incollerito. Ci fu un sacco di altro fumo e un sacco di altra polvere. Aspet-
tarono. Di lì a poco, tornò il sole. I rampini cominciarono a strattonare le
macerie, tirandole via.
I cittadini rimasero a godersi lo spettacolo, sobbalzando al primo strido-
re dei pezzi d'acciaio sulla struttura. Osservarono l'ingombrante macchina-
rio scattare in posizione, i cinque uomini apparire all'improvviso dal fur-
gone con le loro picche lunghe due metri, pronti a entrare in azione. Ma,
per la maggior parte, osservavano Crow.
Con ogni probabilità, il balzo indietro che fecero la prima volta che le
macerie si assestarono da sole non fu più lungo di un metro.
«Capo!» gridò un giovane biondo di nome Cat, appollaiato come un
corvo su una sedia a sdraio posta sul cassone di uno dei pic-kup. «Credo
che ce ne sia uno.» Si alzò in piedi, proteggendosi gli occhi dalla luce ac-
cecante del sole e indicando con il dito. «Proprio là.»
«Benissimo», replicò Crow con calma. «Adesso balliamo il rock and
roll.»
La squadra si mise in posizione, circondando l'area nel modo più accura-
to possibile. Dalle tasche posteriori dei pantaloni, ognuno dei membri del
team estrasse qualcosa che assomigliava a un paio di guanti lunghi (tipo
quelli che le donne usano per andare a teatro) e li indossò. Le maglie me-
talliche del tessuto scintillarono alla luce del sole. I cittadini, probabilmen-
te senza nemmeno rendersene conto, si strinsero l'uno all'altro.
Poi Crow, tirando a sé la corda legata all'enorme impugnatura che teneva
stretta nella mano destra, entrò nel cerchio formato dai suoi uomini e con-
ficcò con violenza un rampino nel cornicione sopra il bersaglio. Fece un
passo indietro e protese la mano sinistra. Qualcuno gli mise in mano una
balestra e per un attimo tutti rimasero immobili.
Cominciò praticamente nel medesimo istante in cui Jack, con un brusco
strattone, tese il cavo. L'edificio si era appena inclinato da una parte quan-
do il primo demone si precipitò fumando e sibilando nell'agonia dei raggi
solari, strillando come un'arpia e artigliando l'aria con le unghie acuminate
e le zanne grigiastre e poi sputando un terrificante bolo di liquido nerastro:
il primo colpo di Crow gli conficcò in petto un dardo grande quanto una
mazza da baseball che gli trapassò la spina dorsale e si andò a conficcare
di cinque centimetri nella parete dietro di lui.
Il mostro si dibatté e bruciò e gridò, cercando freneticamente di afferrare
il paletto di legno, ma gli uncini a ombrello lo mantennero saldamente in
posizione, uccidendolo, uccidendolo, cancellandolo dal mondo della terra e
degli uomini e dei pomeriggi assolati dell'Indiana.
«Ehi», disse Crow interrompendo diversi secondi di pesante silenzio,
«questo sì che è strano.»
Il sindaco si voltò verso il membro più anziano del consiglio cittadino e
ridacchiò. L'altro gli rispose a tono. Ben presto, tutti i cittadini stavano ri-
dendo e ridendo per l'improvviso calo di tensione e per il sollievo che for-
se, dopo tutto, l'orrore degli ultimi mesi era finalmente finito e...
E nessun altro rideva. Non Cat, che sbirciava disgustato la scena dal suo
trespolo sul retro del pickup, né nessun altro della squadra... e non rideva
Jack Crow, la cui occhiata di disprezzo li fece impallidire come un sol uo-
mo.
Quando ebbe ottenuto un silenzio assoluto per cinque lunghi secondi,
Jack disse: «Il leader non avrebbe dovuto farsi vedere per primo. Di solito
manda prima avanti tutti gli altri.»
«E come...» cominciò il sindaco prima che la sua voce si incrinasse. Si
schiarì la gola e ricominciò da capo. «E lei come fa a sapere che quello era
il leader?»
Jack si accese una sigaretta e guardò per terra. «Dopo un po' di tempo
che fai 'sto mestiere», rispose a bassa voce, «si riesce a capirlo.»
Rimase in silenzio per diversi secondi. Poi li guardò uno per uno, li
guardò davvero per la prima volta.
Li aveva prosciugati. L'orrore, i lutti, il senso di totale, assoluta impo-
tenza.
Prosciugati.
E il peggio doveva ancora venire.
E allora, pensò Jack, cosa avete intenzione di fare quando sarà finita,
gente? Quando la vostra città avrà visto quanto siete inutili e codardi e sen-
tirete che la vostra virilità è stata brutalmente calpestata?
Farete ciò che altri hanno cercato di fare?
Cercherete di dare la colpa a noi?
Quando sarà finita, ci prenderete in giro per dimostrare che siete ancora
uomini?
Perché è vero che il peggio deve ancora venire. Questo era soltanto il
primo.
«D'accordo», latrò bruscamente, battendo le mani con forza.
«Andiamo fino in fondo. Rock and roll.»
E lo fecero. E fu sempre peggio. La seconda eruzione fu un essere ulu-
lante e sibilante, anche questo orribile e terribilmente rapido, e quando il
piolo di legno lo colpì e lo inchiodò alla parete il sangue nero zampillò e
l'essere non morì se non molti secondi dopo che uno della squadra gli ave-
va trapassato il cranio con una picca.
Fu orribile.
Fu un incubo in pieno giorno.
Era una donna che ogni abitante della cittadina conosceva da più di qua-
rant'anni.
Dopo la maestra elementare uscirono il postino locale, la reginetta del
ballo e il suo fidanzatino giocatore di football, qualche sventurata ragazza
del college che aveva avuto l'irreparabile sfortuna di bucare una gomma su
una stradina di campagna che era davvero lunga e buia ma soltanto appa-
rentemente deserta.
Come al solito. Ma c'era qualcosa di sbagliato nelle proporzioni.
«Nove in tutto, contando il leader», disse Anthony leggendo il block-
notes di Cat un'ora e mezzo dopo l'ultima apparizione. «Ma soltanto tre
mostriciattoli.» Sollevò lo sguardo verso il suo capo. «Non erano molto
occupati, no?»
Crow prese il blocco e gli diede un'occhiata. «Nah», fu l'unica sua rispo-
sta.
Entrambi sollevarono lo sguardo al rumore della jeep che ritornava sul
vialetto con a bordo Cat e la squadra di sepoltura. Uno dei membri del
consiglio cittadino si avvicinò mentre scaricavano bidoni vuoti di coagu-
lante e li gettavano sul cassonetto del pickup.
«Pensate che ci sia un'altra tana da qualche parte?» chiese Anthony dopo
qualche secondo.
Crow lo guardò. Il collo taurino e le spalle massicce dell'uomo erano an-
cora tesi per la pressione a cui erano stati sottoposti durante tutta la giorna-
ta. Crow decise che Anthony aveva un aspetto orribile, dopo cinque ore di
massacro, e decise che probabilmente andava bene così.
«No», rispose. «È questa qui. Non ho mai sentito di vampiri che tengono
mostriciattoli da qualche altra parte. I nuovi hanno bisogno comunque di
rimanere vicino al leader.»
«E allora come mai.»
«Dannazione, Anthony! Non so perché non ne hanno trasformati degli
altri, di recente. Forse avevano qualcos'altro di meglio da fare.»
«Ad esempio?» volle sapere Anthony.
Crow sospirò. Venivano sempre da lui con domande come questa. Lui
era il veterano, quello con più esperienza (tre anni, ormai) e, probabilmen-
te, la sua, in quel mestiere, era la carriera più lunga sulla faccia della terra.
Ma ciò non voleva obbligatoriamente dire che lui sapesse qualcosa dei
vampiri. Nessuno sa una merda di niente, sui vampiri. Nessuno vive abba-
stanza a lungo per imparare qualcosa, e lo faceva imbestialire il modo che
tutti avevano di guardarlo come se lui dovesse conoscere tutte le risposte.
Che diritto avevano di...
Si trattenne. Trasse un respiro profondo. Guardò di nuovo Anthony che,
quando Jack l'aveva reclutato, giocava a football come linebacker nei Seat-
tle Seahawks. Un uomo profondamente leale, dotato di un'intelligenza
molto acuta e, soprattutto, uno degli esseri umani più coraggiosi che Crow
avesse mai conosciuto e che, dannazione, si meritava una risposta dall'uo-
mo che pretendeva di essere il suo capo e il suo leader.
«Mi dispiace, amico. Non lo so proprio.»
Crow disse agli uomini con le picche di mettersi a riposo, piazzò l'ultima
carica di dinamite tra le macerie e si recò da Cat, che era ancora intento a
chiacchierare con i cittadini. Sulla strada, oltrepassò il prete locale, Padre
Hernandez, che era intento a camminare pigramente per praticare il suo
trucchetto magico sui nove cumuli di cenere. Crow si ricacciò in gola il ri-
sentimento che l'andatura sospirante del sacerdote provocava in lui. Preti!
«... lo chiamiamo succo di Joplin a causa di Carl Joplin, il tipo che l'ha
messo su per noi», stava dicendo Cat al sindaco e a un altro uomo il cui
nome Crow non riusciva proprio a ricordare. «Semplicemente, indurisce la
terra e rende molto difficile arrampicarcisi fuori. Anche senza, sapete, è
troppo difficile per la maggior parte di loro. La cosa più difficile è riuscire
ad aprire la dannatissima bara. Ricordate...»
«Cat!» gridò bruscamente Crow, incapace di sopportare oltre. I cittadini,
che soltanto poche ore prima erano stati troppo spaventati per spiccicare
parola, ora erano tutti pieni di condiscendenti e apparentemente interessate
domande sulla procedura usata. Era proprio il tipo di trasformazione che
Crow si era aspettato fin da mezzogiorno, ovviamente, ma ciò non rendeva
la cosa più sopportabile.
Cat si scusò e si allontanò sotto le loro occhiate di disapprovazione.
Crow gli mise un braccio intorno alle spalle e si allontanò insieme a lui,
parlando in un ovvio quanto indistinguibile sussurro che dovette essere si-
curamente preso per l'insulto che in realtà era.
«Non vedi che cosa sta succedendo, dannazione?»
Cat sospirò. «Già.» Sembrava addolorato. E lo era, si rese conto Crow
con suo stesso stupore. «Cazzo», continuò Cat, «mi piaceva, 'sta gente. Sai
quel banchiere, Foster? Ha in mente di costruire...»
«Ha in mente di prenderti per il culo. Te e me.»
Cat aggrottò le sopracciglia. Girò lo sguardo in direzione dei cittadini,
senza vederli.
«Già», disse infine.
Si accesero una sigaretta a testa e si diressero verso i camion.
«Ma sai una cosa, Jack? Non è così», piagnucolò Cat in un improvviso
sussurro supplichevole. «Stanno solo cercando di tirarsi fuori dalla fossa in
cui si trovano.» Si fermò. «Sei stato tu stesso a dirmelo. Proprio tu.»
Crow fu inflessibile. «Allora, tanto per cominciare, non avrebbero dovu-
to ficcarcisi, nel buco.»
«Sono stati i vampiri, Jack.»
«Sicuro come l'inferno. Niente comprensione, Cat. Se avessero avuto il
fegato di affrontarlo da soli... E ora stanno cercando di prendersela con noi
per averlo fatto al posto loro.»
«Proprio di fronte a loro, e di fronte all'intera città. La loro città.»
Crow si fermò e si voltò a guardare da dove erano venuti. «Niente com-
prensione», ripeté.
«Senti, soltanto perché si... non so... si vergognano, immagino...»
«Non ti è mai venuto in mente che hanno qualcosa di cui vergognarsi?»
Rimasero in silenzio per diversi secondi.
«D'accordo», disse infine Cat con un sospiro. «Preparerò ogni cosa.»
Crow scosse la testa. «Non ce n'è bisogno. Non stavolta. Questa volta
non ho intenzione di metter su tutta 'sta merda.»
Cat gli lanciò una rapida occhiata. «Eppure, pensavo che avrei dovuto lo
stesso...»
«No, dannazione!» gridò quasi Crow. «Senti! Sono così stufo di questi
bastardi che strisciano e ci supplicano in ginocchio perché non sono abba-
stanza uomini da affrontare le creature che stanno trasformando le loro
mogli e le loro figlie in puttane succhiasangue. E poi pretendono di non es-
sere dei piccoli vermi striscianti tirando sul prezzo, come se questa fosse
soltanto un'altra questione d'affari e niente altro, questo non ha niente a che
vedere con il fatto che noi c'eravamo quando contava davvero.»
Crow si fermò, ansante per l'ira. Sbatté a terra la sua sigaretta e se ne ac-
cese un'altra.
Cat aspettò fino a quando non si fu calmato. «Be', nell'eventualità», e-
sordì con il tono più casuale e innocente possibile, «sistemerò la...»
«Fa' quel cazzo che vuoi», lo interruppe ferocemente Crow. «Ma ti sto
dicendo che ne ho avuto abbastanza di questi stronzi e di tutti quelli come
loro. Questa volta punterò i piedi.» Mise l'indice tremante di rabbia proprio
sotto il naso di Cat. «Mi hai sentito bene?»
Cat annuì, mansueto. «Ti ho sentito.»
Crow annuì, soddisfatto. Gettò la sua nuova sigaretta per terra, si tirò su
i pantaloni e si diresse a grandi passi verso il cerchio di uomini ancora in-
torno alla jeep. Si fermò e si voltò di scatto, lanciando un'occhiata feroce al
suo amico. «Punterò i piedi!» ringhiò.
Poi si rimise a camminare ancor più veloce. Quando fu a metà strada,
Cat lo udì sussurrare aspramente a se stesso. «Punterò quel cazzo di pie-
di!»
CAPITOLO SECONDO
Era una bella prigione... se ti piacevano i vecchi film western. La cella in
cui si trovava ricordava a Crow tutti i film con Clint Eastwood che aveva
visto in vita sua. Aveva un tavolaccio, uno sgabello, un bugliolo privo di
coperchio e una porta che aveva bisogno delle chiavi della città per essere
aperta.
Però il vicesceriffo era qualcosa di tanto speciale che quasi quasi ne va-
leva la pena.
Il vice era un miracolo.
Tanto per cominciare, aveva una pancia che Crow considerava né più né
meno che un vero e proprio trionfo anatomico. Ma era nella pratica dell'in-
filarsi le dita nel naso che l'uomo raggiungeva l'apice assoluto. Mai, in tut-
ta la sua vita (e, sospettava, nemmeno in quella di qualcun altro), Crow a-
veva visto qualcuno mettersi le dita nel naso con tanto fervore (per non
parlare dei risultati tangibili che ne otteneva) per così tante ore di seguito.
Ma l'uomo possedeva altre virtù. Oltre a essere una palla di lardo, era
anche il bullo del villaggio. Durante la prima ora trascorsa in cella, Crow
l'aveva visto leccare oscenamente i piedi al genero del sindaco, sbattere il
suo enorme anello dalla pietra rossa sul cocuzzolo di un liceale che aveva
l'unica colpa di essere in ritardo nel pagamento di una multa per divieto di
sosta... e, soprattutto, colpire le dita di Crow con una torcia elettrica per
fargliele staccare dalle sbarre della cella.
L'idea di ucciderlo riempiva Crow di un piacevole, caldo prurito. Ren-
deva le ore quasi sopportabili. O, piuttosto, prepararsi allo scontro. «Ai
bulli non piace fare a pugni», gli aveva detto suo nonno molto tempo pri-
ma. «I bulli hanno paura di fare a botte. A loro piace infierire.» Tenendosi
bene in mente queste parole, nelle prime ore Crow preparò un piano. Alla
fine, decise di cominciare con il piagnucolare.
Frignò per esser stato rinchiuso in prigione, si lamentò di essere stato
preso in giro da tutti «quei tipi ricchi che pensano di essere chissà che solo
perché hanno un sacco di soldi.» Si lamentò del cibo (o della mancanza di
esso), dicendo che stava morendo di fame. Si lamentò dell'acqua e dell'o-
dore che usciva dal bugliolo e azzardò una connessione tra le due cose.
Disse che gli facevano male le dita, se le succh cercando di farlo nel
modo più rumoroso possibile e, spesso, le sollevò davanti a sé per mostrare
al vice quanto fossero gonfie e chiese di poter vedere un dottore.
La terza volta che il vicesceriffo gli disse di stare zitto fu poco più di un
ringhio.
La risposta di Crow fu altrettanto feroce. «Fottimi, grassone!» sbottò,
ma fece in modo di abbassare gli occhi non appena ebbe finito di dirlo.
Il vice sorrise e si alzò dalla sedia, con in mano la torcia elettrica. Girò
intorno alla scrivania sbattendosi ritmicamente l'arma impropria sul palmo.
«Forse lo farò», sussurrò minacciosamente.
Crow si allontanò di un mezzo passo dalle sbarre, poi sembrò raccoglie-
re tutto il proprio coraggio, tornò in avanti e dichiarò: «Non mi fai paura!»
usando il tono meno convincente che gli riuscisse possibile di trovare.
Era il paradiso di ogni bullo. Quando il vice si frugò in tasca per prende-
re le chiavi, i suoi piccoli occhietti da porco mandarono un lampo di bra-
mosia. I suoi incisivi gialli (tutti e tre) si snudarono per la gioia quando vi-
de il prigioniero indietreggiare verso la parete più lontana della cella. Ma,
quando aprì la porta a sbarre, la sua voce rauca di grassone si trasformò da
una risata chiocciante e compiaciuta in un grido acuto come il trillo di un
campanello.
Crow lo fece volare dall'altra parte della scrivania.
Il vice si tirò su faticosamente dai resti della sedia in frantumi e, in preda
allo choc, sbirciò oltre l'orlo della scrivania. Non riusciva a credere che
stesse accadendo proprio a lui.
Invece era così.
Crow non gli fece male. Si limitò a scansarlo abbastanza a lungo per far-
lo scoppiare a piangere. Poi lo mise in cella.
Dal cassetto di mezzo della scrivania prese una Colt dell'esercito e un
caricatore di riserva. Lanciò un'occhiata colma di desiderio al telefono: a-
veva una voglia disperata di parlare con Cat. Ma non c'era modo di sapere
chi avrebbe risposto al motel. All'inferno, non aveva avuto notizie del resto
della sua squadra per tutto il tempo in cui era rimasto in gattabuia. Avreb-
bero dovuto almeno tentare di farlo uscire, come sempre... Poi si ricordò di
aver ringhiato a Cat di non aver bisogno di aiuto. Ma Cat non l'aveva a-
scoltato sicuramente. D'altra parte, Cherry Cat aveva la detestabilissima
abitudine di obbedirgli proprio nei momenti peggiori. Dannazione.
Si dimenticò del telefono. Meglio portare il culo fuori da quella fottuta
stazione di polizia. Crow si infilò l'automatica nella cintura e si diresse
verso la porta. Non prima di aver salutato il vicesceriffo.
«Ci vediamo, Homer. È stato bello.»
«Dimmi come», piagnucolò il vice come l'ameba che in realtà era,
«dimmi come hai fatto a sapere che il mio nome era proprio Homer!»
Crow rise e sollevò gli occhi al cielo. «Allora c'è un Dio», sussurrò tra
sé. «E ha pure il senso dell'umorismo.»
Poi lasciò perdere qualsiasi altro pensiero. Spense le luci nella stanza,
trasse un respiro profondo e mise la mano sulla maniglia della porta.
«Sta bene», sibilò, «tempo di rock and roll, dannazione!» e spalancò la
porta di scatto.
Sul marciapiede antistante l'ufficio dello sceriffo si erano dati appunta-
mento tutti i poliziotti del mondo.
Non fu il momento migliore della vita di Jack Crow.
«Fermatelo, vi prego!» gridò un uomo che Crow riconobbe come Foster
il Banchiere, e i poliziotti si lanciarono in massa in avanti. Crow pensò al-
l'automatica che aveva nella cintura, pensò alle probabilità che aveva di
farcela, all'idea di sparare a un poliziotto in qualsiasi circostanza, borbottò
un «Merda!» e alzò le mani sopra la testa.
«No! No!» gridò il sindaco, facendosi largo a gomitate tra gli altri poli-
ziotti, «non lui!» Prese Crow per un braccio e lo strattonò come un bambi-
no con il papà. «Signor Crow, fermi lui!» implorò, poi si voltò e indicò un
punto dall'altra parte della strada, nella piazza principale della città.
A quel gesto, la folla si divise e Crow poté finalmente vedere la sua
squadra. La gru, al massimo dell'elevazione possibile, era stretta sulla pic-
ca più lunga che avevano in dotazione, la quale veniva giù dritta dal cielo
stellato per finire nel torace di un vampiro che si contorceva e sibilava ap-
poggiato alla base della statua del fondatore della città. Anthony, in piedi
sul cofano della jeep, aveva un braccio levato pomposamente in aria, pron-
to a fare un segnale all'operatore della gru, che proprio in quel momento
minacciava di allentare il cavo.
«Lasciatelo andare!» ruggì Anthony. «Altrimenti faremo ricominciare
daccapo tutti i vostri guai!»
Crow guardò il "vampiro" che sputava e si inarcava e si chiese oziosa-
mente per quale oscuro motivo nessuno riconosceva mai Cat quando si ri-
copriva di cerone grigio. Poi si voltò verso il sindaco e disse: «Be', e ades-
so? Verremo pagati, oppure no?»
«Davvero, signor Crow!» disse Foster il Banchiere. «Non c'è mai stata
nessuna discussione sul pagare o meno il vostro onorario. Era solo che le
spese sembravano in qualche modo...»
«Foster, lei è talmente noioso», biascicò Crow. Si voltò verso il sindaco.
«Sì o no?»
«Sì» fu la decisione. La processione attraversò la piazza, diretta alla
banca. Anthony si incamminò di fianco a Crow, ma ogni altro membro
della squadra, specialmente l'operatore della gru e l'ancora agitatissimo
(ma ora silenziosamente ridacchiante) Cherry Cat, rimase fermo al proprio
posto. Crow si accorse che non c'erano poi così tanti poliziotti come aveva
摘要:

JOHNSTEAKLEYVAMPIRES(Vampire$,1990)LaveraSignoraèpiùcheunadonnaebenoltrel'uomomortale.Allapiùdolcediquestedonnequestolibroèdedicatocongratitudine.LeièMarjorieLarrance,Margepergliamici,SignoraLarrancepervoi,Mammaperme.Grazie,Dio.NOTADELL'AUTOREFelixnonèaltrisenonFelix.JackCrownonèaltrisenonJackCrow.S...

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