
Anasu fece il cenno dell'assenso, quindi si alzò. Il lembo della tenda era sollevato e Nia riusciva a vedere
chiaramente il fratello. Aveva una figura slanciata e armoniosa. La sua pel-liccia era di un bruno rossiccio
e splendeva come rame alla lu-ce del sole. In seguito le sembrava di ricordare che quel gior-no lui
portasse un gonnellino di tessuto blu scuro, alti stivali e una cintura dalla fibbia d'argento.
Anasu se ne andò. Nia guardò Suhai, seduta curva presso il fuoco, che era spento.
— Grazie alla Madre delle Madri, non ho figli maschi. Be-ne, intendo fare quel che è giusto. Lo
crescerò, anche se non mi aspetto che sia piacevole neppure per un momento. Tu, Nia, mi darai meno
disturbo, ne sono certa. Le donne della nostra famiglia sono sempre state di carattere tranquillo.
Nia non rispose.
Le cose andarono proprio come aveva previsto Suhai. Cre-scere Anasu non le procurò mai alcuna
gioia, nonostante lui fosse intelligente e abile. Nessun ragazzo della sua età sapeva ricamare meglio. Era
abile con l'arco ed era anche di caratte-re amabile, fuorché nelle vicinanze di Suhai. Loro due non
fa-cevano che bisticciare.
Nia si teneva fuori dagli alterchi. Scoprì di essere una per-sona timorosa. Quasi buona a niente, diceva a
se stessa. Non era in grado di aiutare Anasu, sebbene si sentisse più vicina a lui che a chiunque altro; e
non era capace di tenere testa a Suhai. Faceva sempre e soltanto quello che voleva sua zia.
Come tutti gli individui del mondo, la sua gente seguiva le mandrie. In primavera si spostavano a nord
verso la Terra dell'Estate: una vasta e piatta pianura. C'erano parecchi la-ghetti e fiumi poco profondi.
Nei giorni in cui Suhai le per-metteva di andarsene libera, lei e Anasu fabbricavano trappo-le per i pesci
con i rami di un arbusto che cresceva presso le ri-ve dei fiumi.Irami erano sottili e flessibili e si potevano
intrecciare fra loro e poi legare con pezzi di corteccia fibrosa.
Mettevano le trappole in un fiume, poi sedevano sulla riva e se ne stavano a chiacchierare finché non
capivano, dal di-battersi nell'acqua, di aver preso un pesce.
Quando era assorto nelle sue fantasticherie, Anasu parlava di volare. Le grandi nuvole dell'estate gli
sembravano abitabili.
— Non le nubi temporalesche, naturalmente, ma le altre. Non credo che sarebbero adatte per accudire
il bestiame. Hanno troppe colline. Ma potrei portare lassù il mio arco. Sappiamo che c'è l'acqua. Può
darsi che ci siano anche i pesci.
Lei ascoltava senza parlare molto. Anasu era più vecchio di lei di due anni. Aveva sempre più cose da
dire.
In autunno, il villaggio si trasferiva a sud: dapprima la mandria, guidata dagli uomini adulti. Poi venivano i
carri, le donne e i bambini, e infine gli uomini molto vecchi. Hisu, il maestro degli archi, era uno di
costoro.
La Terra dell'Inverno era una pianura ondulata e costellata di alberi. A sud c'erano le colline sassose e,
al di là delle colli-ne, c'era un'enorme massa d'acqua.
— Il nostro sale viene da lì — le spiegò Anasu. — Alcuni degli uomini, quelli veramente audaci, restano
qui da soli du-rante l'estate. Me l'ha raccontato Hisu. Lui lo faceva quando era giovane. Aspettava finché
la mandria non se n'era andata, poi attraversava le colline. Sull'altro lato ci sono delle colline più piccole,