Eleanor Arnason - Sigma Draconis

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ELEANOR ARNASON
SIGMA DRACONIS
(A Woman Of The Iron People, 1991)
Ai membri dell'Aardvarks
il più antico laboratorio di
opere di fantascienza
di Minneapolis e/o St. Paul
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio le seguenti persone che hanno letto il manoscritto di questo romanzo, offrendomi consigli
riguardo a eventuali variazio-ni:
Ruth Berman, John Douglas, David G. Hartwell, Eric M. Heideman, Albert W. Kuhfeld, Mike Levy,
Sandra Lindow e Shoshona Pederson.
Al Kuhfeld ha creato la splendida nave stellare e ha letto il ro-manzo, attento a eventuali errori scientifici.
Dopo di che il mano-scritto ha subito tre revisioni. Non è sua, quindi, la responsabilità di alcun nuovo
errore eventualmente inserito. Susan Pederson mi ha aiutata a delineare la cultura del Popolo del Ferro.
Ruth Berman ha trovato il mio nome preferito per la nave stellare. P. C. Hodgell ha disegnato la mappa.
Un particolare ringraziamento va a Bill Gober, che mi ha sentito parlare del romanzo parecchi anni fa a
Minicon. Ogni anno da al-lora è venuto da me a Minicon e ha chiesto: "Hai già terminato il romanzo sul
popolo peloso?".
Eccolo, Bill. Spero sia valsa la pena aspettare.
L'acqua dice:
ricordo.
Io venni per prima.
Nulla esisteva prima di me.
Al tempo della pioggia
la pioggia cadde sull'acqua.
Al tempo della siccità
l'acqua rifletteva il cielo.
Io venni per prima.
Nulla esisteva prima di me.
Si levò il vapore.
Divenne
l'albero del cielo.
Si levò il vapore.
Divenne
l'uccello del sole.
Cadde un seme.
La terra cominciò a germogliare.
Nacquero gli animali.
La vegetazione era fitta.
Poi vennero le persone.
Poi vennero gli spiriti
e i potenti demoni
che vivono sottoterra.
Lasciate che ve lo dica:
sopravviverò a tutti loro.
Perfino i demoni
spariranno col tempo.
Io non ho forma.
Nessuno può dividermi.
Nessuno può dire
che cosa sono realmente.
DAL: Comitato per il problema dei primi contatti
AI: Membri della prima spedizione interstellare
Il problema, dal nostro punto di vista, si divide in tre: (1) Potreste incontrare individui con una tecnologia
più progre-dita della nostra. (2) Potreste incontrare individui con una tecnologia simile. (3) Potreste
incontrare individui con una tecnologia meno progredita.
(Per il momento lasceremo da parte il problema di che cosa si intenda per "più" o "meno" progredito.
Lasceremo da par-te anche la possibilità che gli alieni abbiano una tecnologia così diversa dalla nostra
che sia impossibile mettere a con-fronto le due.)
Riteniamo più probabile che incontriate il problema nume-ro tre: alieni con una tecnologia meno
avanzata. Per ogni eve-nienza, tuttavia, dibatteremo tutte le possibilità.
Gli alieni con una tecnologia simile presentano il problema minore. Certamente non potremo recar loro
danno, non a una distanza di 18,2 anni luce. Se la loro tecnologia è più o meno la stessa della nostra,
neppure loro potranno recare danno a noi. C'è la possibilità di un considerevole guadagno per entrambe
le culture senza grossi rischi. Probabilmente po-trete andare avanti con fiducia.
Se incontrate alieni con una tecnologia realmente avanzata (per esempio in grado di viaggiare alla
velocità della luce), do-vrete fermarvi a riflettere.
Secondo la teoria sociale corrente, qualunque specie in gra-do di viaggiare verso le stelle è anche in
grado di annientarsi, e qualunque specie in grado di annientarsi lo farà, se non im-parerà molto
rapidamente a occuparsi dei propri aspetti me-no gradevoli.
Riteniamo improbabile che incontriate una specie capace di viaggiare fra le stelle che sia aggressiva,
violenta, fanatica o accecata dall'avidità. Ma tutte le nostre teorie si basano su un unico campione, e forse
non siamo corretti quanto pensiamo.
Se incontrate una specie con una tecnologia superiore, siate prudenti. Forse vorrete mantenere le
distanze, almeno in un primo tempo. Forse non vorrete dire loro da dove ve-nite.
Se sono corretti e pacifici, rispetteranno la vostra prudenza. In caso contrario, ricordate che la vostra
nave è stata fornita di mezzi di autodistruzione. Se necessario, potrete cancellare il sistema
computerizzato e uccidere tutti a bordo.
Questa possibilità è stata fornita con estrema riluttanza. (Vedi Appendice D.) Potrebbe essere la
dimostrazione che, co-me specie, non abbiamo superato il nostro terribile passato.
Il problema, trattando con una specie più progredita, è l'autodifesa.
(Ricordate che, quando qui parliamo di progresso, ci rife-riamo soltanto alla tecnologia.)
Il problema, trattando con una specie meno progredita, è il karma. Non vogliamo causare loro danni. La
nostra specie ha causato un sacco di danni nel corso del tempo.
Siate molto prudenti se vi imbattete in individui la cui tec-nologia non è uguale alla nostra. Ricordate tutte
le culture sterminate nei sette secoli passati. Ricordate tutti i milioni di individui che sono morti sulla Terra:
intere tribù e nazioni, gruppi linguistici, religioni, tutti spariti, annientati. Ricordate gli altri ominidi che non
sono più con noi. Ricordate l'Homo sapiens di Neandertal.
Ora pensiamo di capire il processo. Siamo convinti che non ripeteremo gli stessi errori. Ma non ne
siamo sicuri.
Muovetevi molto adagio. Pensate a quello che state facendo.
Lao Zi e Zhuang Zi ci ricordano i pericoli dell'azione.
Imaestri del Chan e dello Zen ci avvertono che quando fac-ciamo delle discriminazioni, quando facciamo
una distinzione fra "bene" e "male, "alto" e "basso", ci allontaniamo dalla vera comprensione.
Carlo Marx ci dice che l'azione è inevitabile e che dobbia-mo fare delle distinzioni per comprendere.
Avete la vostra scelta di saggi.
Tuttavia, ricordate che, secondo Marx, il fine del socialismo è l'azioneattenta ,la storia resa
consapevole, gli individui che sanno quello che fanno.
Ricordate, anche, che le categorie non sono fisse. "Bene" e "male" cambiano il loro significato. "Alto" e
"basso" sono relativi. È possibile che le distinzioni - le discriminazioni - che portate con voi nel vostro
viaggio non siano utili quando ar-riverete.
Buona fortuna.
Copie di questo promemoria sono state inserite nel Sistema di Informazioni con Libero Accesso, negli
Archivi dell'Allean-za delle Comunità Umane e negli Archivi della Quinta, Sesta e Ottava Internazionale.
Appendice A: Su possibile/i significato/i di "più" o "meno" progredito.
Appendice B: Perché riteniamo più probabile che incontria-te individui con una tecnologia meno
progredita.
Appendice C: Relazione di minoranza sui rischi dello scio-vinismo culturale.
Appendice D: Relazione di minoranza sui rischi della pau-ra.
Appendice E: Relazione di minoranza sulla pertinenza dei concetti taoisti e buddisti.
Appendice F: Relazione di minoranza sulla pertinenza di Carlo Marx.
Appendice G:Dao De Jing. (Integrale.)
Appendice H:L'ideologia germanica. (Brani scelti.)
PARTE PRIMA
Anasu
Sua madre era stata una lavoratrice del ferro, una seguace della Signora della Fucina. Ma era morta
giovane, una pri-mavera durante la stagione degli accoppiamenti. Succedeva, a volte. Una donna lasciava
il villaggio e non vi faceva più ritorno.
Le vecchie dicevano: "L'ha uccisa un balordo. Ah! È ben difficile il destino delle donne!".
In ogni caso, Nia e suo fratello erano rimasti soli. Fu Suhai, una delle sorelle di sua madre, a prenderli
con sé. Era un don-none burbero con un pelame così scuro che pareva più nero che bruno.
Insieme a loro, si prese anche le cose di sua madre: la ten-da, il carro, i sei castrati di cornacurve e tutti
gli utensili di fer-ro, bronzo e pietra.
— Un giusto compenso — disse loro Suhai. — Mi costere-te parecchio negli inverni a venire. Ho anche
delle figlie mie a cui pensare.
Suo fratello Anasu, che a quel tempo aveva otto anni, dis-se: — Sei sempre stata un'arraffona.
Suhai gli rivolse un'occhiata torva. — Vattene fuori. Non voglio averti sotto gli occhi.
Anasu fece il cenno dell'assenso, quindi si alzò. Il lembo della tenda era sollevato e Nia riusciva a vedere
chiaramente il fratello. Aveva una figura slanciata e armoniosa. La sua pel-liccia era di un bruno rossiccio
e splendeva come rame alla lu-ce del sole. In seguito le sembrava di ricordare che quel gior-no lui
portasse un gonnellino di tessuto blu scuro, alti stivali e una cintura dalla fibbia d'argento.
Anasu se ne andò. Nia guardò Suhai, seduta curva presso il fuoco, che era spento.
— Grazie alla Madre delle Madri, non ho figli maschi. Be-ne, intendo fare quel che è giusto. Lo
crescerò, anche se non mi aspetto che sia piacevole neppure per un momento. Tu, Nia, mi darai meno
disturbo, ne sono certa. Le donne della nostra famiglia sono sempre state di carattere tranquillo.
Nia non rispose.
Le cose andarono proprio come aveva previsto Suhai. Cre-scere Anasu non le procurò mai alcuna
gioia, nonostante lui fosse intelligente e abile. Nessun ragazzo della sua età sapeva ricamare meglio. Era
abile con l'arco ed era anche di caratte-re amabile, fuorché nelle vicinanze di Suhai. Loro due non
fa-cevano che bisticciare.
Nia si teneva fuori dagli alterchi. Scoprì di essere una per-sona timorosa. Quasi buona a niente, diceva a
se stessa. Non era in grado di aiutare Anasu, sebbene si sentisse più vicina a lui che a chiunque altro; e
non era capace di tenere testa a Suhai. Faceva sempre e soltanto quello che voleva sua zia.
Come tutti gli individui del mondo, la sua gente seguiva le mandrie. In primavera si spostavano a nord
verso la Terra dell'Estate: una vasta e piatta pianura. C'erano parecchi la-ghetti e fiumi poco profondi.
Nei giorni in cui Suhai le per-metteva di andarsene libera, lei e Anasu fabbricavano trappo-le per i pesci
con i rami di un arbusto che cresceva presso le ri-ve dei fiumi.Irami erano sottili e flessibili e si potevano
intrecciare fra loro e poi legare con pezzi di corteccia fibrosa.
Mettevano le trappole in un fiume, poi sedevano sulla riva e se ne stavano a chiacchierare finché non
capivano, dal di-battersi nell'acqua, di aver preso un pesce.
Quando era assorto nelle sue fantasticherie, Anasu parlava di volare. Le grandi nuvole dell'estate gli
sembravano abitabili.
— Non le nubi temporalesche, naturalmente, ma le altre. Non credo che sarebbero adatte per accudire
il bestiame. Hanno troppe colline. Ma potrei portare lassù il mio arco. Sappiamo che c'è l'acqua. Può
darsi che ci siano anche i pesci.
Lei ascoltava senza parlare molto. Anasu era più vecchio di lei di due anni. Aveva sempre più cose da
dire.
In autunno, il villaggio si trasferiva a sud: dapprima la mandria, guidata dagli uomini adulti. Poi venivano i
carri, le donne e i bambini, e infine gli uomini molto vecchi. Hisu, il maestro degli archi, era uno di
costoro.
La Terra dell'Inverno era una pianura ondulata e costellata di alberi. A sud c'erano le colline sassose e,
al di là delle colli-ne, c'era un'enorme massa d'acqua.
— Il nostro sale viene da lì — le spiegò Anasu. — Alcuni degli uomini, quelli veramente audaci, restano
qui da soli du-rante l'estate. Me l'ha raccontato Hisu. Lui lo faceva quando era giovane. Aspettava finché
la mandria non se n'era andata, poi attraversava le colline. Sull'altro lato ci sono delle colline più piccole,
fatte di sabbia, e poi l'acqua. Si estende fino all'orizzonte, ha detto Hisu, come la pianura nella Terra
del-l'Estate; e ha un gusto salato. In ogni modo, lui fabbricava delle bacinelle con il legno. Non c'è legno
nelle vicinanze, ha detto. Doveva portarlo dalle colline di pietra. Ah! Quanto la-voro! Comunque,
riempiva di acqua le bacinelle. Quando l'acqua si prosciugava, nelle bacinelle restava il sale. — La
os-servò, elettrizzato da quell'informazione e col desiderio che anche lei si emozionasse
Nia fece il gesto che significava che sentiva e capiva.
Anasu fece il gesto che significava "se è così che la pensi". Poi disse: — Credo che raccoglierò sale
quando sarò un uomo.
Lei si sentì qualcosa di duro in gola. Non le piaceva mai pensare di crescere.
Passarono gli anni. Quando Nia ebbe dieci anni, Suhai in-cominciò a insegnarle a lavorare il ferro.
Questo la rendeva felice, raccontò ad Anasu.
— Avresti dovuto incominciare un anno fa o forse due an-ni prima. Suhai è sempre riluttante e indolente.
— Ciò nonostante, sono contenta — replicò Nia. — Suhai è brava in quello che fa.
— Nella fucina, può darsi. Altrove, no.
Anasu si faceva alto. Il suo corpo incominciava a ingros-sarsi. Adesso Suhai lo odiava davvero.
— Non mi sono mai piaciuti gli uomini. Perfino quando ero pervasa dalla smania primaverile, pensavo
sempre che fossero orribili. Sono stanca di tornare a casa e di trovarti nel-la mia tenda.
Anasu, che a quel tempo aveva quattordici anni, fece il cen-no dell'assenso. Radunò le sue cose, i
gonnellini, gli stivali, l'unico mantello lungo per l'inverno, e se ne andò. Su una spalla teneva l'arco dentro
la sua custodia, e il coltello gli pen-deva dalla cintura.
Nia sia alzò, tremante. — Ora basta, vecchia. Non intendo sopportarti più. Me ne vado anch'io.
— Benissimo. — Suhai si sedette accanto al fuoco. Il pranzo stava cuocendo in un grosso paiolo. Lei
tirò fuori un pez-zo di carne e se lo mangiò.
Nia incominciò a fare i bagagli.
Uscì dalla tenda, provando un senso di orgoglio. Per la pri-ma volta da quando riusciva a ricordare,
aveva fatto qualco-sa di importante tutta da sola. E adesso che sarebbe successo? Non lo sapeva. Si
fermò e si guardò attorno. Era estate inol-trata. La giornata era torrida e senza un alito di vento. Il fu-mo
saliva diritto dai fuochi per cucinare del villaggio. In lon-tananza, la gialla pianura baluginava. Non aveva
assoluta-mente idea di che cosa fare.
— Nia?
Era Ti-antai, sua cugina: una donna grassoccia dal pelame bruno scuro.
— Anasu mi ha riferito di aver lasciato mia madre.
Nia fece il gesto dell'affermazione. — Anch'io.
— Quella donna terribile! Finirà con l'allontanare tutti. Mia nonna me l'ha detto una volta, Suhai avrebbe
dovuto na-scere uomo. È troppo litigiosa per essere una donna. Vieni a stare con me, almeno per il
momento.
Nia fece il gesto dell'assenso.
Restò con Ti-antai durante il viaggio verso sud. Poi, quan-do arrivarono nella Terra dell'Inverno, andò a
vivere con Hua, una vecchia le cui figlie erano tutte morte. La sua tenda era vuota e lei aveva bisogno di
aiuto alla sua fucina.
— Uno scambio conveniente. Tu mi aiuterai. Mi terrai compagnia. Io ti insegnerò ì segreti dell'oro e
dell'argento. Io li conosco, lo sai. C'era un tempo in cui ero la migliore del vil-laggio alla fucina. Non sono
tanto male neppure di questi tempi. Certo, le mie mani si sono fatte un po' rigide e i miei occhi non sono
più quelli di un tempo. Ma che importa, dopo tutto? A ogni modo, ti insegnerò come inserire l'argento nel
ferro. E anche l'oro. Trasferisciti qui quando vuoi.
Anasu barattò il suo miglior ricamo con due pezze di cuoio e con queste si fece una tenda, piccola.
Viveva da solo ai mar-gini del villaggio. Quell'inverno Nia lo vide assai di rado.
In primavera, durante il viaggio verso nord, lui cavalcò ac-canto al carro di Hua e diede una mano con i
cornacurve. Uno di questi era un giovane maschio, forte ma recalcitrante a tirare.
A quel tempo Anasu era ormai cresciuto. Era più tranquil-lo che in passato, seppure sempre di carattere
gioviale.
Una mattina, all'incirca a metà del viaggio, Nia si svegliò un po' più presto del solito. Si alzò e uscì.
Erano accampati in prossimità di un fiume. La bruma si ammassava sull'acqua. Il sole incominciava
appena a mostrarsi sopra una catena di col-line verso oriente. Nia si diresse verso il carro. Il pannello
po-steriore era fissato con cerniere e catene. Poteva essere abbas-sato in modo da facilitare le
operazioni di carico e scarico, e poteva venire fissato a metà, formando uno spazio piatto. Anasu
dormiva lì sopra. Durante la notte aveva gettato via il mantello e ora giaceva sulla schiena, un braccio sul
viso per ripararsi gli occhi. Tutt'a un tratto Nia vide chiaramente il fratello. Era grande e robusto. Aveva
un aspetto arruffato, rozzo, un po' insolito. Si stava avvicinando il tempo del cam-biamento. Nia provò un
dolore terribile.
Lui si destò e si stiracchiò. — Uh! Sono tutto irrigidito!
A lei venne voglia di abbracciarlo, ma decise di no. Avreb-be dovuto spiegare perché lo faceva. Invece
se ne andò ad ac-cendere il fuoco e a preparare la colazione.
Quell'estate Nia cercò di trascorrere più tempo con Anasu, ma lui era irrequieto, taciturno. Gli piaceva
cacciare e pesca-re da solo. Quando si trovava al villaggio, lavorava a fabbri-care frecce o a finire un
grosso ricamo. Questo raffigurava un uomo con grandi corna ricurve: il Signore delle Mandrie. Su
entrami i lati c'erano femmine di cornacurve. Sopra di lui il sole e un paio di uccelli.
— Non infastidirlo — le disse Ti-antai. — Si sta preparan-do per il cambiamento. Se vuoi fare qualcosa
per lui, lavora ai suoi doni di addio.
Nia fece il gesto dell'assenso.
L'estate fu piovosa ed eccezionalmente breve. Il sole era an-cora molto lontano dal nord quando gli
uccelli incominciaro-no a partire.
— Un brutto inverno — commentò Hua. — Chiederò alla conciapelli che cosa vuole in cambio di un
buon mantello di pelliccia. Ora, faremmo meglio a cominciare a preparare i ba-gagli.
Poco prima che lasciassero la Terra dell'Estate, il cielo si fe-ce terso. Per due giorni il tempo fu caldo e
luminoso. Anasu venne alla sua tenda. — Andiamo a catturare pesci.
Fabbricarono le trappole e le sistemarono nel fiume. Poi se-dettero sulla riva. Le foglie sugli arbusti
incominciavano già a ingiallire. Il sole scottava. Su una roccia, a poca distanza, c'era una lucertola di
fiume. Con il capo sollevato, li scrutava guardinga. Sotto il mento aveva una vescica di pelle color
arancione. Una o due volte la gonfiò e gracidò.
Anasu raccolse un ramoscello e lo spezzò in piccoli pezzi. — Sto diventando sempre più irritabile. Ci
sono giorni, Nia, in cui riesco a stento a sopportare la gente. Penso... il primo che mi viene vicino lo
pesto.
Il cambiamento, pensò Nia.
— Ho deciso di dirtelo. Voglio che tu sappia che, se all'im-provviso me ne vado o divento violento, è
perché non riesco più a mantenere il controllo.
— Tutti noi lo sappiamo.
D'un tratto, con violenza, lui fece il gesto del dissenso. — Tu non puoi sapere. Ho le ossa in fiamme. È
come un fuoco in una torbiera che non si esaurisce mai. Non mi sono mai sentito peggio di così, neppure
quando è morta nostra madre. — Si alzò. — Non intendo restare qui, Nia. Addio.
Si allontanò. Nia restò seduta per un po' a guardare il fiu-me. Un pesce si dibatteva nell'acqua dove
avevano collocato una delle loro trappole. Lei fece qualche passo nell'acqua bas-sa per andare a
prenderlo.
Durante il viaggio verso il sud lo vide appena. Una volta o due scorse di sfuggita, attraverso la polvere,
un giovane che cavalcava. Era possibile che fosse lui. Una sera Anasu venne nella loro tenda. Aveva la
pelliccia irsuta e opaca e le sue ve-sti erano sporche. Si sedette sul lato opposto a dove si trova-vano
loro e si servì della cena. La vecchia Hua, che di solito era loquace, non disse nulla.
Alla fine fu Nia a parlare. — Come stai?
Lui le rivolse un'occhiata assente e Nia notò che i suoi oc-chi non erano di un giallo puro. C'era
dell'arancione attorno alle pupille. Non se lo ricordava.
Anasu fece il gesto che significava né bene né male. Poi ri-prese a mangiare. Non appena ebbe finito, se
ne andò.
— Completa i tuoi doni — disse la vecchia Hua.
Lei lo fece. L'ultimo era una fibbia fatta in ferro ricoperto di argento. Raffigurava un cornacurve che
lottava con un assassino-delle-montagne.
— Non male — fu il commento di Hua. — Un giorno o l'al-tro mi renderai orgogliosa.
Nia fece il gesto che significava un cortese o schivo diniego.
— Hai troppo poco amor proprio — osservò Hua.
Il viaggio si concluse. La gente innalzò le proprie tende in prossimità del Fiume Marrone. Più a nord
c'era un crinale roccioso dalle basse pendici ricoperte di foreste. A sud, sull'al-tra sponda del fiume, si
estendeva la pianura: ondulata, co-stellata di alberi, del giallo della tarda estate. Lì fu condotta a
pascolare la mandria.
Non c'era traccia di Anasu. Nia si sentì inquieta.
— Verrà — le disse Ti-antai. — Nessun uomo se ne va sen-za i suoi doni di addio; a meno che,
naturalmente, il cambia-mento non lo faccia impazzire. Ma questo accade di rado.
— Non sei sempre una consolazione, cugina.
All'inizio il tempo si mantenne asciutto. Poi incominciò a piovere. Ogni giorno cadeva almeno qualche
goccia; la mag-gior parte dei giorni, però, pioveva o piovigginava per ore. L'aria era fredda. Hua si
lamentava che le dolevano le ossa. Ciò nonostante, si manteneva operosa.
Un pomeriggio se ne stavano entrambe alla fucina. Nia azionava il mantice per Hua, che stava
fabbricando un lungo coltello: un dono di addio per Gersu, il figlio della conciapelli, che era di poco più
giovane di Anasu.
Quando il lavoro di martellinatura fu completato e la lama immersa nell'acqua fredda, Nia mise giù il
mantice. Si mas-saggiò il collo.
— Nia. — Era Anasu. C'era una nota esitante nella sua voce.
Nia si guardò attorno. Lui era fermo lì vicino e teneva le re-dini del cornacurve. Non aveva mai avuto un
aspetto peggio-re: arruffato, sporco di fango, smarrito.
— Anasu?
— Io... — S'interruppe per un attimo. — Sono venuto per i doni. Sto per andare al di là del fiume.
Lei fece il gesto che significava che capiva, poi quello del rincrescimento.
— Tu resta qui — disse Hua. — Nessuno ti darà noia. Im-pacchetteremo ogni cosa.
Andarono dentro la tenda. Hua aggiunse legna al fuoco, poi mise una bacinella di latte a scaldare.
Nia tirò fuori le bisacce da sella nuove che aveva fatto la conciapelli, poi il panno che si era procurata da
Angai la Cie-ca, la tessitrice, in cambio di un nuovo paiolo. La maggior parte dei rimanenti oggetti li
avevano fatti lei stessa, Hua o Ti-antai. Li sistemò uno a uno: il coltello nuovo, la marmitta, gli aghi di
ottone, il punteruolo e il pettine dal manico lungo del genere che gli uomini usavano per pettinarsi il pelo
sulla schiena.
Che altro? Faceva fatica a pensare.
摘要:

ELEANORARNASONSIGMADRACONIS(AWomanOfTheIronPeople,1991) Aimembridell'AardvarksilpiùanticolaboratoriodioperedifantascienzadiMinneapolise/oSt.Paul RINGRAZIAMENTI Ringrazioleseguentipersonechehannolettoilmanoscrittodiquestoromanzo,offrendomiconsigliriguardoaeventualivariazio­ni:RuthBerman,JohnDouglas,D...

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